Gli esordi poco noti dell’Aquilotto di Ponte a Ema

Come tutti sanno Gino Bartali nasce il 18 Luglio 1914, in Via Chiantigiana n° 78 a Ponte a Ema. Il padre di Gino, di nome Torello, è un semplice sterratore: nativo di Vallecchio, minuscolo borgo della Val d’Elsa tra Castelfiorentino e Montespertoli. La madre, Giulia Sizzi, è una mugellana purosangue, essendo nata a Villore, sperduta frazione collinare del Comune di Vicchio. I due si sono sposati nel 1908, hanno abitato inizialmente a Cascine del Riccio (a metà strada tra Ponte a Ema e Galluzzo) e, prima di Gino, hanno avuto due bambine: Anita e Natalina. Nel 1916, quando già il nostro paese è entrato nella “Grande Guerra”, nasce Giulio, l’ultimo dei fratelli ed il cocco di tutti.

All’età di dieci anni, papà Torello decide di comprargli una bicicletta per mandarlo a scuola. Quella bicicletta, rigorosamente senza manubrio da corsa comunque alimenta i sogni del giovane Gino. Siamo a metà degli anni Venti: Girardengo è il Mito assoluto del nostro ciclismo dove si sta affacciando prepotentemente Alfredo Binda. Affascinato dai due “Campionissimi”, Gino “gareggia” con i coetanei sui dolci saliscendi fiorentini. Conosce Oscar Casamonti, meccanico ciclista e discreto “dilettante” nonché suo vicino di casa e ne diventa una sorta di ragazzo di bottega: lo aiuta ad aggiustare le bici, impara i segreti del mestiere, rimane ammaliato dai racconti dei tanti corridori che affollano il negozio di Via di Risciano a Firenze. Infine, cambiato il manubrio della sua bicicletta, inizia a seguire Casamonti nei suoi allenamenti: sin dalla prima uscita, i due staccano subito tutti sull’allora impegnativa salita di Torre a Cona.

Casamonti che se ne intende, vede subito in lui qualità superiori alla norma, lo istruisce, lo segue amorevolmente, gli insegna tutto ciò che un “dilettante” senza ormai più grandi aspirazioni può trasferire ad un allievo prediletto. Bartali assorbe ed immagazzina ogni consiglio ed il 19 luglio 1931 a Nave di Rovezzano, sulla sponda sinistra dell’Arno, nasce la Leggenda: Gino coglie la prima vittoria in una gara “organizzata”! Ma il secondo classificato, tale Cino Cinelli di Montespertoli, sporge reclamo: la prova infatti era riservata a chi non avesse ancora compiuto i 17 anni e Bartali li ha festeggiati… proprio il giorno prima.
Gino e la bicicletta diventano un binomio inscindibile, nonostante le preoccupazioni del padre che continua a non vedere di buon occhio le corse ciclistiche. Ma, alla fine, come ogni buon genitore, anche Torello si rassegna e la “SS Aquila”, la squadra di Ponte a Ema, maglia nera con un’ampia fascia orizzontale bianca, inserisce Gino nelle sue file: Oliviero Berlincioni (Presidente) e Rodolfo Mei (Segretario) sono i primi suoi dirigenti.

Nell’estate del 1931 il Mito è dunque in marcia, anche se gli esordi sono altalenanti: nella prima corsa disputata ufficialmente tra gli “Allievi”, la “Coppa Bandini”, Bartali chiude al settimo posto mentre a vincere è un certo Cesare Del Cancia che ritroveremo protagonista nella storia del ciclismo. Gino conquista comunque tre vittorie, di cui una in volata (il “Circuito dell’Antella”) e due in solitario, staccando tutti in salita: la finale del “GP Allievi” a Firenze ed il “Circuito di Cercina” (e non Cecina come si trova spesso scritto), località a Nord di Firenze, nella valle del Torrente Terzolle, non lontano dal Pratolino. Si segnala dunque come atleta già in grado di disimpegnarsi a dovere, soprattutto nei percorsi più duri anche se nessuno può ancora vedere in lui le stimmate del fuoriclasse. Tecnicamente, forse, gli manca una punta di rush finale, qualità che invece abbonda nel suo grandissimo rivale del periodo: Aldo Bini, nato a Montemurlo, nei pressi di Prato, nel Luglio del 1915 e quindi più giovane esattamente di un anno rispetto a Bartali. Insomma, Bartali trova in Bini… il suo “primo” Coppi!
Gino comunque in quell’annata disputa trentanove corse, ne vince undici (di cui dieci per distacco!) ed in diciassette volte si piazza al secondo posto, relegatovi spesso proprio da Bini, generalmente più veloce di lui. Ciò che sorprende in queste prime vittorie, sono le medie generali che, su percorsi attorno ai 100 km, raggiungono i 32-33 km/h: niente male per ragazzi di 17-18 anni, su biciclette certamente antidiluviane e su strade per lo più sterrate. Grande soddisfazione rappresenta, per lui e per i suoi tifosi, il successo nel “Campionato Toscano Allievi” dove relega al secondo posto Bini che supera pure nella “Coppa Franchi” a Prato, con grande disperazione dei padroni di casa.
Va male invece ai due nel “Campionato Italiano Allievi” di Ascoli, disputato lungo 95 km e caratterizzato dalla dura salita di Acquavilla. Bartali ha da tempo lasciato la scuola e lavora in pianta stabile dal Casamonti che lo tratta come un figlio. Tutta Ponte a Ema è con lui, tutti sono convinti delle sue grandi potenzialità, pure i diversi corridori del circondario che ammirano la sua pedalata in salita: non soltanto il Casamonti è costantemente staccato da Gino, ma anche atleti più affermati (seppur stagionati) come i fratelli Colombo e Marcello Neri (con il secondo partecipante alle “Olimpiadi” di Amsterdam nel 1928), il bagnese Dario Pagliazzi ed il pistoiese Mario Pomposi (sei “Giri d’Italia” tra il 1924 ed il 1931) si accorgono di come “l’aquilotto di Ponte a Ema” tema pochi rivali quando la strada sale, testando ripetutamente le sue qualità su invito dello stesso Casamonti. Bartali non è tozzo ma robusto, non è slanciato ma poderoso nel tronco e nei muscoli dorsali, possiede spalle solide ed un torace vigoroso. Non è un gigante (come ad esempio Valetti) ma il suo metro e settanta basta ed avanza per elevarlo dalla media dei suoi coetanei. Dal punto di vista tecnico, si sprecano i paragoni: ovvio che il suo punto forte sia la salita, dove fa la differenza come pochi, ma del grimpeur vero e proprio (Bertoni, Camusso, soprattutto i piccoli e minuti Barral e Trueba) non sembra possedere l’agilità. I più sfegatati tifosi si spingono arditamente ad intravedere nel giovane Gino le movenze di un Binda e, fatte le debite proporzioni, sono in molti ad ammettere che la sua pedalata in salita ricordi, per efficacia ed incisività ma non certo per eleganza, quella del varesino. Certamente, Bartali appare più completo di Brunero, tanto per citare un altro grande scalatore, non essendo altrettanto “fermo” allo sprint come il ciriacese e difendendosi discretamente sul passo.

Nel 1933 passa categoria “Dilettanti Juniores”, disputa una quarantina di corse e ne vince sedici, la maggior parte delle quali ancora in solitario. Tutta la Toscana ormai vede la sua ruota sfrecciare prima sul traguardo: primeggia ad Incisa, a Terranova, a Mercatale, a Staggia, a Forcoli, a Pelago, nell’importante “Giro del Valdarno” e nella “Coppa Salvestrini” a S. Casciano dove infligge addirittura mezz’ora di ritardo a tutti gli avversari. Bini però non è da meno, anzi: per diciannove volte la sua ruota è davanti a tutti, in più di un’occasione anche a quella di Bartali. Il pratese è svelto, scaltro e veloce ed il fiorentino soffre più del dovuto l’acerrima rivalità. Però i due fortissimi toscani si lasciano sorprendere da un misconosciuto nel “Campionato Italiano Dilettanti Juniores” di Padova. L’ascesa di Castelnuovo è teatro dell’ennesimo show di Gino che attacca a spron battuto, supera come un razzo l’esausto fuggitivo Bergonzoni e si installa da solo al comando. Ma stavolta qualcosa va storto: forse ha sprecato troppe energie oppure gli avversari, guidati da uno scatenato Bini, hanno gestito meglio la situazione. Fatto sta che il vantaggio di Bartali non decolla come in altre occasioni ed in discesa è raggiunto da quattro avversari di cui due sono toscani (il piccolo larcianese Cecchi e l’onnipresente Bini), uno piemontese (Mollo) e l’altro padovano (Boffo). Ed è proprio il padrone di casa, sfruttando al meglio la conoscenza del caotico finale, a prevalere: prima dell’ingresso al Velodromo dove è previsto l’arrivo, Boffo attacca mentre Bartali e Bini si sorvegliano in cagnesco. Un malaugurato (e forse provocato) errore di percorso impedisce ogni recupero agli inseguitori: tra l’entusiasmo generale Boffo vince in solitario e Gino si prende la soddisfazione di superare Bini nella volata dei battuti. Nel finale di stagione, disputa la “Bologna-Passo della Raticosa”, una delle corse in salita più significative riservate ai “puri”. Dopo Loiano, quando la pendenza si fa più dolce, Bartali perde terreno finchè nei pressi di Monghidoro viene raggiunto dallo stagionato sassese Vignoli (classe 1907) e dal pimpante romagnolo Mario Vicini. Gino non si perde d’animo, rifiata, si mette a ruota ed in volata coglie il successo, forse il più significativo dell’annata insieme alla “Coppa Lazzaretti” di Roma dove domina il campo, giungendo al traguardo con tre minuti di vantaggio dopo aver nuovamente lasciato la compagnia in salita.
Anche i sampietrini dunque assaggiano la portentosa baldanza di questo diciannovenne fiorentino la cui crescita tecnica sembra non ancora essersi esaurita. La prossima stagione sarà per lui decisiva.

Carlo Delfino

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